Epicuro ci ha lasciato parole chiare, in merito alla felicità.
“Caro Meneceo,
sappi che la conoscenza della felicità non richiede un’età precisa, perché a qualsiasi età è piacevole prendersi cura del benessere della propria vita. Chi sostiene che non è ancora giunto il tempo di dedicarvisi, oppure che oramai è troppo tardi, crede che il momento giusto per farlo è alle nostre spalle oppure davanti a noi. Al contrario, conoscere la felicità riguarda sia il giovane sia l’anziano: il secondo per trarre benessere dal caro ricordo di ciò che ha realizzato, il primo per trarne forza e nutrimento e prepararsi a non temere il futuro. “
Ecco, anche a sei anni, ne sono convinta, è fondamentale iniziare a parlarne. E continuare a farlo anno dopo anno.
Racconto che cosa è successo in una classe prima, pochi anni fa.
Dopo aver letto un racconto per stimolare la conversazione, ho chiesto ai bambini e alle bambine quando si si sentono felici e qual è il segreto per essere felici, secondo loro.
E anche grazie a un racconto (potere della narrazione) arriviamo presto a ragionare sul bicchiere mezzo pieno e su quello mezzo vuoto.
C’è chi pensa di non avere mai abbastanza (giochi, ovvio) e allora è sempre scontento. Chi invece si accontenta di quello che ha, a pensarci bene: bastano le coccole della mamma, o le cuscinate con il papà, o i giochi con un fratello, con una sorella, un’amica…
Poi arriva F., che dopo averci pensato tanto, alza la mano e dice, con sguardo quasi sorpreso: “Ma secondo me io il bicchiere lo vedo tutto, sia la parte vuota che la parte piena!”
Piccole pillole di consapevolezza sulla propria capacità di percepire il tutto. E di dare un senso al percetto.
Invece L., quando ho chiesto come mai la signora ricca del racconto fosse sempre infelice, è intervenuto per dire, con voce in falsetto e cantilenante, “perchè le manca la pace nel mondooooo….”. E no. La pace nel mondo non c’entrava nulla, e i compagni glielo hanno spiegato. Ma a me ha colpito il fatto che a sei anni già li abbiamo (hanno, scusate se ne prendo le distanze) stancati con argomentazioni a loro lontane e comunque retoriche. L. Pensava di dover dire una cosa che avrebbe fatto piacere agli adulti. Ha fatto un errore di valutazione, ed è stato utile anche questo.
Comunque, dopo una interessantissima conversazione, siamo passati alla scrittura, prima a mano, carta e penna, da soli, poi con la tastiera, sotto dettatura di un compagno o di una compagna di lavoro, delle diverse situazioni che ci rendono allegri e felici.
E abbiamo anche ballato, cantando la nostra felicità tutti insieme!