Cittadini si diventa con le parole giuste

La cittadinanza attiva poggia le basi sulle conoscenze anche di tipo lessicale. E è fondamentale conoscere le culture passando dalle parole che ogni Paese usa: le parole definiscono pensieri, eventi, cose e idee tipiche di ogni cultura.

Se poi parliamo di cittadinanza digitale, allora occorre fare il punto sulle parole che usiamo di più e che spesso i ragazzi e le ragazze utilizzando per inferenza, senza saperle spiegare.

Dopo aver letto Che bella parola!, abbiamo adottato un po’ di parole dalle altre lingue, dallo svedese all’hindi. Il comun denominatore: l’essere intraducibili. E ci siamo divertiti a scoprire che in India c’è una parola per indicare la capacità di cavarsela con creatività, in Islanda ce n’è una per indicare il tempo che sembra bello visto alla finestra, ma poi fuori è davvero freddo, che in Sanscrito c’è una parola per indicare un tempo davvero lungo e che in Svezia una parola indica lo svegliarsi presto alla mattina per andare ad ascoltare il canto degli uccelli. Abbiamo riso quando abbiamo scoperto che la parola italiana, intraducibile nelle altre lingue, è “abbiocco”.

Poi abbiamo giocato a definire le parole del “navigante esperto”.

La cittadinanza digitale, o educazione civica digitale, passa anche dalla conoscenza lessicale. E allora noi ce ne appropriamo nel modo che ci piace di più: il gioco, lo scambio, il movimento, l’interazione.