E lo dico in ogni circostanza formativa: una delle competenze principali dell’insegnante è quella di saper “suonare il jazz”. Saper improvvisare, all’occorrenza, che non vuol dire arrivare impreparati/e e vedere che succede. Vuol dire saper rinunciare a ciò che si aveva in testa per quella giornata se la situazione lo richiede, saper uscire dallo spartito programmato, e fare delle nuove occasioni che si presentano delle opportunità da cogliere con maestria. Insieme al gruppo.
Per “jazzare” con la classe occorrono competenze, sicurezza, consapevolezza, flessibilità, creatività.
A mio avviso questo è uno degli aspetti più complessi e al contempo più interessanti del nostro lavoro.
Questa mattina jazzare è stato inevitabile, ma anche semplice: ad accogliermi in cortile i bambini e le bambine della V A con due bigliettini in mano, trovati a terra. Due bigliettini che li ha incuriositi e li ha portati a chiedersi chi li aveva scritti, per chi, come mai. E tra un’ipotesi e l’altra, ascoltandoli mi è scappata la domanda: “Che storia ci sarà dietro?” I loro occhi si sono illuminati e subito è arrivata la proposta: “Eva, perché non la scriviamo, questa storia?”
E certo, ci tocca Guardo per un istante il mio trolley pieno di libri e materiali per la lezione programmata per oggi, avrei potuto camminare con meno pesi, se avessi previsto tutto questo, ma sorrido e ringrazio. Ringrazio di poter lavorare con delle bambine e dei bambini vivi e propositivi. E vai con la storia dei bigliettini!