LITIGARE E FARE LA PACE
Loro lo sanno, i piccoli e le piccole seienni, che si litiga perché si reagisce male di fronte a una ingiustizia, o perché qualcuno vuole obbligarci a fare ciò che non ci va, che non vogliamo, o ancora perché non ci si ascolta. Oppure perché qualcuno vuole prendere ciò che non gli appartiene.
Loro lo hanno capito, che si litiga con le persone a cui siamo più vicini: fratelli, sorelle, cugini, amici del cuore, genitori e persino nonni.
Ma il bello arriva alla domanda: “Come facciamo pace?”
Si chiede scusa, certo, ma si accettano le scuse, pure.
Qualche volta meglio dormirci su, e far passare il tempo, che il tempo cura ogni cosa.
Funziona bene andare all’angolo della pace, da dove ci si alza solo a chiarimento concluso e a soluzione trovata.
Se poi butta proprio male, si può sempre chiedere aiuto a qualcuno.
Eravamo stanchi di scrivere, in fondo, come ho detto, siamo in prima. Ma c’è stato anche chi ha proposto: ci sediamo, ci guardiamo in faccia, dopo un po’ ci viene da sorridere, a volte anche da ridere, così alla fine ci abbracciamo e torniamo a giocare.
Io non ho altro da aggiungere.
Ma intanto penso ai litigi veri, quelli per cui molti bambini e molte bambine soffrono e muoiono anche, e poi penso alla politica, e ancora penso a tutte le volte che per ogni male della società la soluzione dall’alto è aggiungere qualche “educazione” a scuola, come se bastasse, come se fosse un vaccino. E allora pare evidente, sembra banale, che la politica spesso non lo sa proprio cosa succede nella scuola. Dove, per esempio, a sei anni già avrebbero molto da dire e da insegnare. Facciamo che ogni tanto capovolgiamo le abitudini? Facciamo che, di fronte ai mali della società, mandiamo a studiare i politici, integriamo il loro curricolo? Visto mai che funziona?